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 La Scuola di Pace - Roma
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 | La Befana della Gioia 23A 
				edizione della manifestazione di solidarietà
 
 
 LA SCUOLA DI PACE
 
 
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 per costituire biblioteche popolari
 per i bambini 
			delle case famiglia,
 dei centri accoglienza, delle scuole
 e dove c'è bisogno
 
 La Befana scenderà dal cielo
 con i doni
				per
							tutti i Bambini
 il 
							6
							Gennaio 2019
 
 info su:
			
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							La Befana della Gioia
				LA SCUOLA DI PACE
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				IL DIARIO 
				DELLA BEFANA
				
				
				
				La 
				Befana 
				e Roma
				
				
Fino a circa 
				cinquanta anni fa, quando a Roma non era ancora arrivata la moda 
				americana dei regali natalizi, anche gli adulti si scambiavano i 
				doni in occasione dell'Epifania. 
				
				Poi, nel dopoguerra, l'importazione di Babbo Natale ha 
				defraudato del suo ruolo la Befana, quella misteriosa 
				vecchietta, un po' fata e un po' strega, che cattura 
				l'attenzione dei bambini e che la consuetudine fa entrare nelle 
				case attraverso la cappa del camino. 
				
				A dispetto di tutte le energie impiegate nel tentativo di 
				rivitalizzare la tradizione, è ormai andata persa buona parte 
				del fascino di questa festività, che ancora agli inizi del 
				secolo a Roma veniva chiamata "Pasqua Bbefanìa", perché 
				all'epoca tutte le principali ricorrenze religiose erano 
				definite pasqua. 
				
				Giggi Zanazzo, poco meno di un secolo fa, ci racconta che ai 
				bambini, "ortre a li ggiocarèlli, s'ausa a ffaje trovà a 
				ppennolone a la cappa der cammino du' carzette, una piena de 
				pastarelle, de fichi secchi, mosciarelle, e un portogallo e na' 
				pigna indorati e inargentati; e un'antra carzetta piena de 
				cennere e ccarbone pe' tutte le vorte che sso' stati cattivi".
				
				
				Apparentemente quindi nulla di nuovo. L'usanza della calza, 
				tutto sommato, resiste ancora oggi, carbone compreso, anche se 
				rigorosamente dolce. Spesso però - affiancata da sofisticati 
				giocattoli - è rimasta solo come doveroso e abitudinario tributo 
				alla tradizione.
				
				L'arrivo della Befana era ricordato dai romani con chiassosi 
				festeggiamenti in strada. 
				Nel secolo scorso - seguiamo ancora l'inconfondibile racconto di 
				Zanazzo - la baldoria "se faceva a Ssant'Ustacchio e ppe' le 
				strade de llì intorno. 
				In mezzo a PPiazza de li Caprettari ce se faceva un gran casotto 
				co ttutte bbottegucce uperte intorno intorno, indove ce se 
				venneveno un sacco de ggiocarelli, che era una bbellezza. 
				Certi pupazzari metteveno fôra certe bbefane accusì vvere e 
				brutte che a mme, che ero allora regazzino, me faceveno ggelà er 
				sangue da lo spavento!". 
				L'iniziativa si concludeva con una sorta di "saldi", come ci 
				ricorda il Belli, infuriato contro quelli che ritiene tentativi 
				di speculazione dei pupazzari di Piazza Sant'Eustachio i quali, 
				se all'inizio cercano di "cacciavve l'occhi", al termine della 
				festa "la robba ve la danno pe bbajocchi".
				
				Subito dopo l'unità d'Italia i festeggiamenti sono stati 
				trasferiti in Piazza Navona. 
				Incuranti dei progetti che vorrebbero vederle scomparire, ogni 
				anno le solite bancarelle continuano a proporci una "fiera-luna 
				park" poco rispettosa dell'arte e dell'architettura di un'area 
				che, un tempo, era luogo di gare e celebrazione di trionfi. 
				Ma, in fondo, il mercato rappresenta anche un'occasione unica 
				per trovare, oltre a schiere di statuine in plastica prodotte 
				industrialmente, qualche pregevole lavoro artigianale in 
				terracotta dipinto a mano, prodotto dai pochi continuatori di 
				un'attività che sta ormai scomparendo.
				
				Rientrano quindi nella tradizione, costituendo un momento di 
				svago a cui molti romani, affezionati, non vorrebbero 
				rinunciare! 
				Questa polemica infinita, veniamo a scoprire, ha origini remote.
				
				Già in una cronaca del 1887 Costantino Maes scriveva infatti: 
				"Finalmente! I casotti della Befana in Piazza Navona, che per 
				tanti anni deturparono in queste feste e in carnevale la più 
				monumentale delle nostre Piazze, non saranno più eretti; saranno 
				permessi soltanto dei tavoli per la vendita dei giocattoli e 
				delle merci". 
				Evidentemente si riferiva alle costruzioni del Comune, la cui 
				distruzione, nel 1886, nel corso dell'incendio del magazzino in 
				cui si trovavano, non ha però, come ben sappiamo, fatto 
				scomparire l'"amato scempio".
				
				tratto da "FESTE ROMANE dal Rinascimento 
				all'Italia unita - di Paola Staccioli - Newton & Compton Editori 
				Roma" 
				
				
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